Non ho niente da nascondere

Il mutuo

Il direttore della filiale li aspettava nel suo ufficio un po’ buio e polveroso, con pile di documenti sulla scrivania e un personal computer in un angolo. “Prego, accomodatevi!”

“Grazie direttore, le presento mia moglie Anna”, disse Marco, e continuò mentre i due si stringevano la mano con un cenno di intesa: “come le dicevo al telefono vorremmo comprare casa, quella dove siamo adesso in affitto sta per diventare piccola o, per essere più precisi, è la famiglia che sta per allargarsi”.

Un sorriso sincero fece capolino sul viso del direttore, Marco e Anna lo colsero e lo apprezzarono, era come poter condividere un po’ della loro gioia con altre persone, anche se a tutti gli effetti il direttore della filiale era un perfetto estraneo. Loro erano lì soltanto per negoziare le condizioni di un mutuo e per poter comprare una nuova casa per la loro famiglia.

Il direttore chiese se avessero portato tutti i documenti necessari a istruire la pratica, Marco e Anna avevano tutto: perizia della nuova casa con il valore stimato, redditi di entrambi, eventuali garanzie aggiuntive e tutte quelle scartoffie che sono necessarie in questi casi.

Il direttore analizzò velocemente i documenti e disse: “Bene, sembra che sia tutto a posto, adesso proviamo a mettere tutto nel computer e vediamo che tipo di condizioni possiamo farvi”.

Dopo una decina di minuti trascorsi a battere sui tasti del suo computer, il Direttore si fermò, si prese il mento con la mano destra, appoggiò il gomito tra sé e la tastiera del suo computer e fissò per qualche interminabile secondo lo schermo. La mimica facciale lanciava messaggi altalenanti, un po’ di preoccupazione, un po’ di timore di avere sbagliato qualcosa nell’inserire i dati, ma anche una strana sensazione: la paura di deludere un cliente. Infine sollevò lo sguardo e chiese: “Signor Marco, lei va a correre?”

“Certo che vado a correre, è il mio modo di scaricare lo stress e mi piace tenermi in forma!” disse Marco sentendo ancora in corpo un po’ dell’effetto delle endorfine prodotte dall’allenamento che aveva completato poche ore prima, ma anche con quella strana sensazione che ti pervade quando inizi a sospettare che qualcosa non va. Che senso aveva quella domanda?

“Vede Marco”, continuò il direttore puntando l’indice verso lo schermo del suo computer: “qua dice che lei è un soggetto a rischio”.

“In che senso ‘soggetto a rischio’, io mi sento benissimo, e poi non capisco come questo possa avere attinenza con le pratiche per il mutuo …” disse Marco cercando di capire se quella cosa fosse davvero un problema o soltanto un’altra questione burocratica da superare.

“Qua dice”, continuò il direttore, “che quando lei va a correre passa troppo tempo con il cuore ‘fuori soglia’, non so bene cosa significhi, ma mi hanno spiegato che in questi casi i mutui non possono essere concessi perché il cliente è un soggetto a rischio per la sua salute e se l’intestatario del mutuo muore, poi ci sono un sacco di problemi da gestire e, soprattutto, un sacco di costi per noi”.

Marco rimase senza parole, in suo soccorso arrivò Anna, la sua compagna, che chiese al direttore da dove arrivassero quelle informazioni. Nemmeno lei si interessava dei valori del battito cardiaco di Marco durante gli allenamenti, e non riusciva a capire come queste informazioni potessero essere a disposizione della banca.

“Per caso per gli allenamenti usa uno di quei gingilli tecnologici che registrano tutto?” chiese il direttore a Marco. “Certamente” fu la risposta, “uso un orologio da allenamento che registra i percorsi che faccio, le prestazioni, mi avvisa persino quando devo cambiare le scarpe perché sono consumate”.

“E registra anche il cuore” disse il direttore, con un’affermazione che era per metà una domanda.

“Certo, registra la frequenza cardiaca in ogni momento dell’allenamento”, disse Marco, non senza far notare l’imprecisione nella frase del direttore che aveva semplificato con “cuore” un concetto ben più complesso coma la frequenza cardiaca.

“Ah ecco perché!” spiegò il direttore, come se fosse la cosa più naturale del mondo, “vede signor Marco, lei va a correre, sforza un po’ troppo il suo cuore e lo fa troppo spesso, quindi diventa un soggetto a rischio, la banca lo sa e sceglie di non concederle il mutuo perché, insomma sa cosa intendo…, tutto qua. Mi dispiace, ma non posso fare niente, questa richiesta non può andare avanti”.

“Mi scusi direttore, ma come è possibile che la banca abbia a disposizione questi dati? E poi io sto bene, perché sarei un soggetto a rischio?” domandò Marco, anche se aveva già capito che, almeno in quella banca, un mutuo non lo avrebbero mai ottenuto.

“Purtroppo c’è di più”, aggiunse il direttore abbassando un po’ la voce, “vede, per lo stesso motivo il computer mi sta dicendo che da oggi la sua copertura assicurativa sulla vita non è più attiva, le consegno subito i documenti di risoluzione unilaterale della polizza a partire dalla mezzanotte di oggi”.

“Ma tutto questo è legale?” chiese Anna, con il sospetto di conoscere già la risposta.

“Certamente” rispose il direttore, “vede, al contrario di altri paesi, nel nostro non c’è nessuna norma a protezione dei dati personali, le persone sono convinte di non avere nulla da nascondere e purtroppo questi sono i risultati. Pensi che la settimana scorsa mia figlia si è vista rifiutare un posto di lavoro per cui era molto qualificata e sa perché?”

Il colloquio

DRIIIINNNNN

Stefania si tolse i guanti da giardinaggio e tirò fuori il telefono dalla tasca: “Pronto …”

Dall’altra parte della linea c’era una giovane impiegata che lavorava nella direzione del personale di una grande multinazionale operante nel settore della grande distribuzione: “Buon giorno dottoressa Martini, sono la dottoressa Santoro, non so se si ricorda di me, abbiamo un colloquio fissato per Giovedì mattina alle dieci”.

Stefania aspettava quel colloquio da più di un mese, ne aveva già fatto uno nella stessa azienda e aveva la sensazione che quella sarebbe stata una buona opportunità, il lavoro le piaceva, l’azienda anche, le poche persone che aveva conosciuto le sembravano in gamba, un ambiente in cui imparare, crescere e dare un buon contributo.

“Certo che mi ricordo!”, rispose Stefania, “che piacere sentirla, cosa posso fare per lei?”

“Guardi …”, le disse la Martini, “mi spiace disturbarla, ma volevo avvisarla immediatamente per non farle perdere tempo inutilmente…”

Una inconfondibile sensazione di stanchezza mista a tristezza, rabbia e fallimento, la aggredì immediatamente. Stefania avrebbe voluto mettersi a urlare per scaricare un po’ la frustrazione, ma non era certo quello il momento, preferì mantenere un profilo disinvolto e sicuro, cercando di uscire nel migliore dei modi da quella situazione. Le urla potevano aspettare qualche minuto.

“Le sue parole mi preoccupano …”, riuscì a dire con la voce che tremava giusto un po’, “mi sembra di capire che abbiate già deciso prima ancora del colloquio di Giovedì prossimo”.

“Guardi dottoressa”, continuò la Martini, “purtroppo sì, mi dispiace per quel che è accaduto, ma davvero non ci sono le condizioni per procedere, e sono piuttosto rammaricata perché il suo profilo è ottimo, sia dal punto di vista delle competenze che da quello delle attitudini”.

“Beh, grazie …”, borbottò Stefania, “ma … se il mio profilo è ottimo perché non ci sono le condizioni per procedere?”

“Vede dottoressa, c’è un problema di fiducia, pare che lei sia incinta e che non l’abbia detto in fase di primo colloquio”.

“Le posso assicurare di non essere incinta” ribatté Stefania, “per il momento non ho intenzione di avere figli”. Mentiva. Sperava che nel suo tono di voce quella menzogna non venisse percepita.

“Eppure, cara dottoressa … a quanto ci risulta o lei è incinta oppure sta comunque cercando di avere un figlio” disse la Martini. “Da quello che ci risulta lei ha smesso di prendere la pillola 14 mesi fa e da allora non ha fatto altro che interessarsi a tematiche legate alla prima infanzia: carrozzine, pannolini, vestitini, pediatri e tutto quello che ha a che fare con un nuovo arrivo in famiglia. Poi circa 6 mesi fa lei e suo marito avete fatto insieme alcune visite dal Dottor Cicogna che è un medico specializzato in fertilità e, sempre a quanto ci risulta, recentemente ha acquistato alcuni test di gravidanza. A sistema non abbiamo ancora gli esiti dei suoi ultimi esami del sangue, ma direi che se ancora non è incinta, è solo questione di tempo”.

Stefania rimase senza parole, ma provò comunque ad articolare un minimo di opposizione a quella tesi: “Guardi, io non sono incinta, almeno non ancora, ne sono certa. Quando mi avete domandato se fossi incinta ho detto la verità. Nessuno mi ha chiesto se avessi intenzione di avere figli in futuro, ma non mi è chiaro dove avete recuperato tutte queste informazioni su di me e sul mio stato di salute”.

“Certo, capisco”, ribatté la Martini, “forse tecnicamente non ha mentito, ma nella sostanza sì. Noi non assumiamo donne che sono incinta o che potrebbero avere intenzione di avere figli in futuro. Guardi me per esempio, per poter lavorare qua ho praticamente promesso di rinunciare alla maternità. A me non pesa, ma capisco che non per tutte le donne sia così. Per rispondere alla sua domanda: accediamo a tutti i dati sanitari di tutti i nostri candidati, non vogliamo assumere persone che non siano in perfetta salute. Quei dati poi vengono incrociati, grazie ai nostri algoritmi, con informazioni di altro genere per creare dei profili completi che spesso ci raccontano dei candidati molto più di quello che essi stessi ci dicono in fase di colloquio. A volte mi è capitato di comunicare a una donna di essere incinta prima che lei stessa lo scoprisse, o che il partner la tradiva, o che il figlio frequentava compagnie poco raccomandabili. Pensi che addirittura un ragazzo frequentava dei locali per omosessuali e la madre nemmeno lo sapeva. Accedendo ai profili commerciali, alle preferenze in tutti i campi e alle agende di tutti, siamo in grado di selezionare sempre i candidati giusti per la nostra azienda!”

“Certo, certo”, Stefania ormai voleva tornare al suo giardinaggio, ma aveva ancora una domanda: “ma tutto questo è legale?”

“Naturalmente!” rispose la Martini, “vede, al contrario di altri paesi, nel nostro non c’è alcuna norma a protezione dei dati personali, le persone sono convinte di non avere nulla da nascondere e purtroppo questi sono i risultati. Pensi che la settimana scorsa mio padre si è vista rifiutare il rilascio del passaporto, e sa perché?”

Il passaporto

“Il passaporto completamente digitale è comodissimo, ma non capisco perché il sito, appena inserisco tutti i dati, mi dice che c’è un problema e che devo rivolgermi direttamente agli uffici andando di persona. Mi sembra un po’ una cosa del secolo scorso, ma … eccomi qua”.

Tommaso era un po’ innervosito dall’essersi dovuto recare di persona all’ufficio passaporti, ormai tutti potevano ottenere un passaporto digitale direttamente sullo smartphone, recarsi in ufficio era considerata una cosa antiquata, noiosa e inutile.

Il funzionario addetto alla sua pratica alzò un momento gli occhi dallo schermo del computer per posare lo sguardo diritto negli occhi di Tommaso e, sempre guardandolo fisso negli occhi, gli chiese “Perché lei pensa di avere il diritto di uscire dal nostro Paese? Soltanto le persone che non danno problemi, o che non ne hanno causati in passato, possono avere il passaporto direttamente online, gli altri devono fare la trafila che sta facendo lei. Mi creda, sono il primo a desiderare che la sua pratica si concluda in fretta, il mio turno sta per finire”.

Tommaso sostenne lo sguardo del funzionario, ma un brivido di freddo solcò il suo collo, come se avesse il sospetto che quel giorno non sarebbe finita bene. “Guardi dottore, io davvero non ho idea dei problemi che potrei in qualche modo aver causato in passato. Può darmi qualche informazione in più?”

“Certamente”, rispose il funzionario spostando nuovamente lo sguardo verso lo schermo del computer, “vediamo un po’ cosa c’è nel suo dossier”. Passarono alcuni minuti interminabili, in cui il funzionario leggeva lo schermo del computer e, talvolta, alzava il sopracciglio come a indicare di aver trovato qualcosa di davvero curioso. “Il suo dossier è pieno di cose interessanti signor Martini. La sua pratica è stata bocciata dai nostri sistemi online e le è stato chiesto di venire di persona, per via di quello che è accaduto 52 anni fa di fronte alla sua scuola. Poi ci sono altre cose più piccole e poco significative, ma quell’episodio è segnato in rosso qua sul mio monitor”.

Tommaso aggrottò le sopracciglia nella ricerca della concentrazione. Che diavolo era successo davanti alla sua scuola 52 anni prima? Sicuramente frequentava il liceo scientifico, quarto anno, forse quinto, i ricordi erano un po’ confusi.

Il funzionario, che aveva fretta di terminare il turno, decise di aiutarlo: “Non si preoccupi signor Martini, adesso le spiego tutto. Quel giorno la sua scuola ha partecipato a una manifestazione di protesta contro alcuni tagli alla scuola che il governo di allora aveva previsto. Al termine della manifestazione lei e alcuni dei suoi colleghi siete stati coinvolti in una rissa tra fazioni politiche avverse. Pare che in quel periodo, caro Martini, lei frequentasse compagnie non troppo raccomandabili”.

Tommaso si affrettò ad aggiungere: “Ah, sì, ricordo bene quell’episodio. Io e mi miei amici stavamo tornando a casa e siamo stati aggrediti da un gruppo di studenti violenti, non la pensavano come noi e volevano farcelo sapere usando le mani. Io, tra l’altro, non avevo nessun cartello, lo ricordo benissimo. C’è stato anche un processo, e tutti siamo stati assolti, quindi qual è il problema?”

“Il problema non è il fatto in sé per cui è stato assolto”, spiegò il funzionario, “il problema è che lei è stato coinvolto in quell’incidente a causa delle sue idee politiche, chiaramente espresse sul cartello che aveva in mano durante la manifestazione. Qua c’è anche una foto in cui si vede chiaramente lei con in mano un cartello che, come ben sa, contiene cose che in questo paese non sono gradite. Lei è considerato un cittadino ostile verso il suo paese, di conseguenza il suo paese non le consente il libero accesso al passaporto, tutto qua. Ora se non le dispiace la devo salutare, il mio turno è terminato”.

“Aspetti un attimo! Quello non sono io!” disse Tommaso in un estremo tentativo di risolvere il problema. “Come le dicevo, io non avevo nessun cartello! Nello stesso istituto in quegli anni c’era un altro ragazzo praticamente identico a me, pensi che una volta abbiamo addirittura fatto uno scherzo agli insegnanti andando ognuno nella classe dell’altro. I compagni di classe lo sapevano, gli insegnanti no, è stato molto divertente!”

“Quello che mi sta raccontando è piuttosto inverosimile”, disse il funzionario, “e devo avvisarla che mentire a un pubblico ufficiale potrebbe avere delle conseguenze”.

“No, no, glielo posso assicurare, ho anche fatto un ricorso una volta perché per un pelo il mio sosia non faceva crollare il mio matrimonio. Per un periodo lui aveva frequentato un ragazzo, pare sia omosessuale, una cosa raccapricciante, e qualche telecamera li aveva intercettati insieme in più occasioni. Questa informazione per errore era finita nel mio fascicolo. Sa, gli algoritmi di riconoscimento facciale a volte possono sbagliare. Per fortuna avevo un alibi inattaccabile in molte delle occasioni in cui il mio sosia era stato visto in compagnia del suo ragazzo, quindi quel comportamento inappropriato è stato cancellato dal mio fascicolo. Immagino che quindi anche questa situazione del cartello possa essere cancellata e io possa avere il mio passaporto. Dico bene?”

“Ha anche un alibi per il momento in cui il suo presunto sosia era lì in piazza con il suo cartello inappropriato?” gli chiese il funzionario, che ormai era in piedi e aveva indossato la giacca.

“Purtroppo no”, ammise Tommaso, e aggiunse: “ma tutto questo è legale?”

“Naturalmente!” rispose il funzionario, “vede, al contrario di altri paesi, nel nostro non c’è alcuna norma a protezione dei dati personali, le persone sono convinte di non avere nulla da nascondere e purtroppo questi sono i risultati.
Una volta in Europa c’era il GDPR, ma molti cittadini pensavano fosse una limitazione della loro libertà e quindi la politica lo ha prima indebolito e poi del tutto eliminato. Arrivederci”.

“Già, arrivederci”.


“Affermare che non si è interessati al diritto alla privacy perché non si ha nulla da nascondere è come dire che non si è interessati alla libertà di parola perché non si ha nulla da dire.”

Edward Snowden

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Massimo Canducci

Leads Innovation activities in Engineering Group
Faculty Global in Singularity University
Forbes Technology Council Official Member
International speaker on innovation and future fields.
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