Quattro passi verso l’essere umano aumentato

Nel corso della sua storia l’essere umano ha sempre cercato di migliorare la propria condizione fisica, le proprie prestazioni, le proprie capacità e contemporaneamente ha sempre cercato soluzioni per mitigare le proprie debolezze o disabilità.
In un certo senso ha sempre cercato di “aumentare” se stesso dal punto di vista della forza fisica, della acutezza dei sensi e anche della conoscenza.

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In questo lungo percorso ha sempre utilizzato le tecnologie che il suo periodo storico era in grado di mettergli a disposizione: ha imparato per esempio a costruire macchine in grado di svolgere al suo posto alcuni compiti faticosi o pericolosi e ha iniziato a dotarsi di dispositivi che lo aiutassero a superare alcune delle sue disabilità. Gli occhiali che molti di noi portano sono un ottimo esempio di dispositivo nato per superare o mitigare una disabilità e che nel giro di qualche decennio è diventato di uso comune trasformandosi in accessorio estetico e di moda.
Fa parte quindi dell’indole umana il tentativo di potenziare e migliore se stessi, il proprio fisico, le proprie capacità, e anche la la propria conoscenza.

Se applichiamo questo principio alle tecnologie abilitanti che oggi abbiamo a disposizione, e alle tecnologie emergenti che ci aspettiamo possano essere disponibili nei prossimi anni e che ci consentiranno di realizzare nuovi prodotti, servizi e piattaforme digitali, ecco che possiamo intuire quali saranno le nuove modalità con cui l’essere umano proverà ad aumentare se stesso e che oggi costituiscono un vero e proprio campo di ricerca internazionale che va sotto il nome di Human Augmentation e che si articola secondo sei direttrici principali.

La prima direttrice è caratterizzata dalla futura presenza massiccia sul mercato di una nuova generazione di dispositivi: gli smart glasses. In passato abbiamo già visto qualche prototipo di questa classe di dispositivi e oggi iniziano ad esserci alcuni prodotti sul mercato, ma si tratta di soluzioni ancora poco mature dal punto di vista tecnologico e ancora prive di un vero e proprio ecosistema di contenuti e servizi. Manca la cosiddetta “killer application”, ma manca anche la tecnologia a supporto in termini di potenza computazionale, di risoluzione della componente schermo e di autonomia delle batterie, tuttavia queste limitazioni tecnologiche verranno presto superate e questa nuova classe di dispositivi diventerà estremamente diffusa.
Gli smart glasses saranno occhiali intelligenti in grado di migliorare sensibilmente la nostra interazione con la realtà e saranno in grado di farci provare totalmente l’esperienza di quella che viene chiamata Extended Reality, cioè l’unione di diversi paradigmi di interazione con la realtà come realtà virtuale, realtà aumentata e realtà mista.
Con questi strumenti saremo in grado di accedere a nuove tipologie di contenuti di intrattenimento, come video games completamente immersivi, concerti che potremo vivere stando virtualmente sul palco con la band, visite virtuali a musei o a destinazioni turistiche.
Nella vita di tutti i giorni questi occhiali aggiungeranno degli strati di informazioni a quello che vediamo, permettendoci per esempio di avere le indicazioni stradali direttamente nel nostro campo visivo, o di accedere automaticamente a informazioni sul luogo che stiamo visitando, un’opera d’arte che stiamo guardando in un museo, una persona con cui stiamo parlando, oppure le recensioni del ristorante che abbiamo di fronte, senza dover fare nient’altro che guardarlo.
Ci sarà molto lavoro da fare per i fornitori di contenuti, servizi e applicazioni che si troveranno un canale completamente nuovo da utilizzare ed è pensabile che questo canale possa diventare in tempi rapidi il canale prioritario. Si potrebbe passare quindi dal “mobile first” al “glasses first”.
Sarebbe davvero un cambio di prospettiva interessante.

La seconda direttrice sarà costituita dalla grande famiglia degli oggetti indossabili, i cosiddetti dispositivi “wearable”.
Tra i “wearable”, oltre agli smart glasses di cui abbiamo già parlato, troveremo sempre più spesso anche orologi, bracciali, anelli o sensori di varia natura vicinissimi al nostro corpo e che avranno, tra gli altri, l’obiettivo di raccogliere dati sulla nostra salute: dal semplice battito cardiaco all’elettrocardiogramma fino alla misurazione della percentuale di ossigeno nel sangue, la quantità e la tipologia di movimento che facciamo, l’idratazione e perfino la quantità e qualità del nostro sonno.
Tutti questi dati costituiranno un’enorme base di conoscenza che potrà essere fornita al nostro medico per il monitoraggio della nostra salute, ma potrà anche diventare parte di un più ampio ecosistema di conoscenza composto da dati di tutta la popolazione e che, nel rispetto completo della privacy, potrà essere messo a disposizione di algoritmi di intelligenza artificiale in grado di trovare nuove correlazioni tra dati e patologie e quindi dare un contributo più ampio alla ricerca medica.
Come ulteriore evoluzione avremo in futuro chip direttamente connessi al nostro corpo o al nostro cervello, ci sono già alcune sperimentazioni in corso e l’obiettivo finale è consentire all’essere umano di comunicare con una macchina utilizzando semplicemente il pensiero. Sembra fantascienza, ma ci stiamo arrivando.

La terza direttrice sarà rappresentata dal completo cambio di paradigma nella relazione tra persone e macchine e sarà abilitata dall’incredibile aumento della qualità dell’interazione vocale.
Oggi siamo abituati ad assistenti vocali che comprendono poco quello che diciamo e quindi sono limitati a compiti banali e ripetitivi, ma in futuro il livello di interazione diverrà in breve tempo paragonabile a quello che abbiamo tra esseri umani, perché al miglioramento della componente di riconoscimento del linguaggio naturale si aggiungerà una completa comprensione del contesto e soprattutto la capacità di trasformare frasi lunghe e complesse in sequenze operative di comandi da mettere nel giusto ordine e da indirizzare verso i fornitori di servizi esterni che saranno parte dell’ecosistema.
Chi fornisce servizi dovrà quindi occuparsi anche di renderli interoperabili e integrati all’interno di quell’ecosistema, in modo che possano essere utilizzati non più soltanto dall’azione diretta dell’essere umano, ma anche e soprattutto in modalità “machine to machine”, cioè direttamente da altre macchine che in modo totalmente automatico potranno comunicare tra loro e svolgere compiti per noi.

La quarta direttrice sarà costituita dall’utilizzo sempre più “invasivo” (in un certo senso) della Stampa 3D.
Oggi siamo abituati a pensare alla Stampa 3D come una tecnologia dedicata ad applicazioni industriali, a prototipazione oppure alla produzione di piccoli oggetti da realizzare in casa con le stampanti personali.
In realtà con la Stampa 3D sarà possibile realizzare protesi per persone amputate, con processi di progettazione e produzione estremamente semplificati rispetto alle tecnologie attuali e di conseguenza a costi molto più bassi ed accessibili.
Con tecnologie simili alla Stampa 3D, inoltre, si stanno già sperimentando soluzioni per la produzione di tessuti umani semplici, come per esempio la pelle, ma anche di organi umani di complessità superiore e addirittura ci sono degli studi sulla possibilità di stampare in 3D del tessuto “battente”, cioè che si comporta, se sottoposto alle giuste condizioni, come il tessuto del muscolo cardiaco.
Con le stesse metodologie sarà possibile mescolare tessuti biologici e componenti meccanici, robotici o elettronici, con il risultato di poter stampare in 3D organi potenziati, arti che potranno recuperare le loro funzionalità e addirittura componenti corporei ad oggi inimmaginabili, a basso rischio di rigetto e dall’altissimo potenziale.
Su questo fronte ci aspettano enormi evoluzioni in futuro, a tutto vantaggio della salute delle persone e della qualità della nostra vita.

Le tecnologie abilitanti ed emergenti svolgeranno quindi un ruolo fondamentale per realizzare soluzioni tecnologiche in grado di aumentare le potenzialità dell’essere umano.
Un ruolo fondamentale ce l’avranno anche, naturalmente, tutti quei professionisti e quelle aziende capaci non soltanto di realizzare ottime soluzioni e piattaforme digitali, ma anche e soprattutto di innovare il modello stesso, inventando nuovi modi per migliorare la vita delle persone, aiutandole a superare i loro limiti e migliorando le loro capacità.
In tutto questo straordinario percorso la tecnologia è nostra amica, sta a noi sfruttarla al meglio per il bene dell’umanità.