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La necessità di equilibrio nel riconoscimento facciale

Nel mondo in cui viviamo siamo circondati da sensori in grado di rilevare i nostri movimenti, la nostra posizione geografica, alcuni nostri parametri vitali e da queste informazioni ricavare dati relativi ai nostri comportamenti, alla nostra propensione all’acquisto di certi prodotti, al nostro stato di salute. 

In alcuni casi siamo noi stessi a volere che questi dati vengano rilevati, perché, per esempio, ci serve conoscere la nostra posizione geografica per farla usare a qualche app sul nostro smartphone, oppure ci è utile che un dispositivo indossabile tenga sotto controllo il nostro battito cardiaco durante una sessione di allenamento. 

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Ho scritto a Jack Dorsey

A Luglio dello scorso anno ho scritto a Jack Dorsey, cofondatore e CEO di Twitter, per inviargli qualche consiglio non richiesto su come, a mio avviso, Twitter si sarebbe potuto evolvere verso un modello di piattaforma più rispettoso degli utenti, con un numero di account fake molto più basso e con un nuovo flusso di ricavi da utilizzare un po’ per far contenti gli azionisti e un po’ per mettere a disposizione degli utenti qualche funzionalità innovativa.

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Quattro passi verso l’essere umano aumentato

Nel corso della sua storia l’essere umano ha sempre cercato di migliorare la propria condizione fisica, le proprie prestazioni, le proprie capacità e contemporaneamente ha sempre cercato soluzioni per mitigare le proprie debolezze o disabilità.
In un certo senso ha sempre cercato di “aumentare” se stesso dal punto di vista della forza fisica, della acutezza dei sensi e anche della conoscenza.

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L’avvento dei robot nel settore produttivo deve essere gestito

Nell’ultimo rapporto The Future of Jobs Report 2020 pubblicato ad Ottobre 2020 dal World Economic Forum tra le altre cose si parla anche dell’avvento dei robot e di quali implicazioni questi potranno avere nel mondo del lavoro.

In estrema sintesi: i robot creeranno più posti di lavoro di quanti contribuiranno a distruggere, ma dovremo essere in grado di gestire adeguatamente questo scenario.

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L’addio al catalogo Ikea è un’ottima scelta.

Dopo 70 anni Ikea ha deciso di sospendere la pubblicazione cartacea del suo iconico catalogo. 

Secondo un documentario della BBC pare che il catalogo Ikea sia stata la più imponente pubblicazione della storia, con più copie stampate di quante ne siano state prodotte per la Bibbia o il Corano. La prima edizione fu stampata nel 1951, mentre il picco più rilevante di stampa e distribuzione c’è stato nel 2016, con più di 200 milioni di cataloghi stampati in 32 lingue.

La decisione di sospendere le pubblicazioni arriva dalla presa di coscienza che i clienti Ikea utilizzano sempre più gli strumenti digitali che l’azienda mette a disposizione, strumenti che grazie alle funzionalità di realtà aumentata e di online shopping consentono di raggiungere l’utente in modo molto più diretto ed efficace. 

Cosa ci dice tutto ciò?

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Il futuro è nella Extended Reality

Ci aspetta un futuro in cui cambierà radicalmente il nostro modo di relazionarci con la tecnologia, ed essendo la tecnologia un formidabile abilitatore di processi, questo cambio radicale inciderà profondamente sulla nostra vita quotidiana, modificando il modo in cui ci relazioneremo con il mondo e il modo con cui lavoreremo.

Al centro di questo cambiamento c’è un paradigma non necessariamente nuovo, quello della Extended Reality, che però non ha ancora trovato la sua piena e completa realizzazione nel mondo consumer per questioni squisitamente tecnologiche e di mercato, ma sappiamo che la tecnologia evolve rapidamente e i nuovi mercati spesso vengono attivati grazie alla disponibilità di nuove opportunità offerte proprio dalla tecnologia.

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Nuovi chip M1: perché Apple ci mostra il computing del futuro.

I nuovi chip M1 di Apple basati su architettura Apple meritano una riflessione speciale: perché dicono molto del futuro; non solo quello di Apple ma anche di quello probabile del computing.

L’enfasi dell’azienda è giustificata: è con un evento dedicato dal titolo “One more thing”, citazione della famosa frase con la quale Steve Jobs nel 2007 aveva introdotto la presentazione del primo iPhone, che Apple ha ufficialmente presentato i nuovi chip M1.

Per la prima volta, Apple fa in casa i chip, abbandonando Intel, verso una inedita convergenza tra hardware e software; e tra architettura computer e architettura smartphone/tablet. 

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Intelligenza Artificiale e Blockchain, un matrimonio inevitabile

L’Intelligenza Artificiale ha una storia che viene da lontano, i primi lavori di rilievo si devono a John McCarthy, Allen Newell e Herbert Simon e sono degli anni ’50. I primi esperimenti su Blockchain (catene di blocchi) sono invece del 1991 grazie al lavoro dei ricercatori Stuart Haber e W. Scott Stornetta, anche se la vera e propria rivoluzione è avvenuta soltanto nel 2008 ad opera di Satoshi Nakamoto, pseudonimo che ancora non si è riuscito ad attribuire ad una persona fisica o ad un team, con la presentazione del paper “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”.

Nonostante questa importante differenza di età, si tratta di due ecosistemi tecnologici abilitanti dotati di interessanti complementarietà e che inevitabilmente nel prossimo futuro sono destinati a collaborare strettamente.

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La tecnologia va politicamente governata

L’ultima falla di sicurezza rilevata nei giorni scorsi nei sistemi Google-Apple usati per le app nazionali contro il coronavirus – da noi Immuni – è emblematica di una situazione sempre più insostenibile.

La falla, che potenzialmente mette a rischio la nostra privacy perché consentirebbe un tracciamento degli utenti, è di per sé è di poco conto perché molto difficilmente sfruttabile. Ciò che mi interessa evidenziare è però che solo l’intervento di Google e Apple permetterà di correggere questa falla. E altre che sono comparse e compariranno su questi sistemi che di fatto hanno valenza pubblica, essendo i soli adottati dagli Stati per tracciare in automatico i contagi.

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